Si è concluso ieri il primo weekend della quarantesima edizione del Flaiano Film Festival, mostra internazionale di arte cinematografica promossa dalla sede del Mediamuseum e organizzata nella città di Pescara. In memoria dell’autore cinematografico corregionale Ennio Flaiano, deceduto a Roma nel novembre 1972, l’evento culturale ha raccolto nella prima frazione di svolgimento un largo riscontro di presenze, permettendo così una degna celebrazione del quarantennio attraverso molteplici forme di espressione artistica, quali letteratura, teatro, televisione e soprattutto cinema, inglobate in un contenitore agile e innovativo di semplice fruizione.
Sede delle prime giornate della manifestazione il Multiplex Arca di Spoltore, dove proseguiranno gli incontri con la settima arte fino al 6 Luglio per spostarsi successivamente in Piazza della Rinascita, al centro di Pescara. Dopo la Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, quella del Flaiano è la rassegna più affollata di contributi cinematografici e film, in cui è il pubblico protagonista, permettendo l’interazione con gli esperti del mondo del cinema e i protagonisti dello stesso. In particolare, nell’edizione del 2013 si potrà assistere anche all’incontro con la direttrice del Butiful Film Festival Giulia Rodilossi ed Elena Bouryka, attrice italiana di origine russa, regista del cortometraggio Meglio se stai zitta, una storia di amicizia raccontata con un certo cinismo. Tornando ora agli appuntamenti dei primi giorni, è stato possibile assistere a numerose proiezioni all’interno delle sale dell’Arca, tra cui diversi prodotti italiani e altri ad omaggio del cinema che ha lasciato traccia nella storia moderna, come ne La Febbre del Sabato Sera di John Badham del 1977, ad omaggio degli anni ’70, un tributo accompagnato dal ricordo a grandi personaggi del nostro cinema, tra cui Alberto Sordi con Ciao Alberto! di A. Sarno e Federico Fellini con Amarcord. Un tributo storico, dunque, senza allontanarsi troppo dal focus sull’attualità, richiamata con la proiezione de La Grande Bellezzadi Paolo Sorrentino, Il grande e potente Oz di Sam Raimi e Il grande Gatsbydi Baz Luhrmann. Concentrando la nostra attenzione su quest’ultimo prodotto, è stato possibile notare un richiamo, probabilmente, alla speranza e al sogno. Si tratta della storia di un aspirante scrittore, Nick Carraway (Carey Mulligan) che si sposta dal Midwest Americano a New York nella primavera del 1922. Qui viene incuriosito dalle abitudini del suo vicino, un certo signor Gatsby, dedito ad organizzare feste nel suo castello con l’obiettivo di riavvicinare il suo amore perduto. La storia di Gatsby, partito dall’essere un semplice militare e arricchitosi grazie al racket, sarà la storia che Nick sentirà talmente vicina da scriverci un romanzo anche per liberarsene. Dal film, tratto dall’omonimo romanzo di F. Scott Fritzgerald, si può cogliere una raffinata scenografia di tipo teatrale, caratterizzata dall’apporto di effetti luminosi e sonori, ad identificare i contorni dei personaggi principali, marcati più volte con primi piani introspettivi, particolareggiati sulla figura di Gatsby, alias Leonardo Di Caprio, di cui va messa in nota una minuziosa maestria di interpretazione, come già notato anche a Cannes, accanto alla prelibatezza delle musiche di Craig Amstrong. Protagonista dell’intera scena è presumibilmente Nick o meglio il duo Nick – Gatsby, mentre il vero motore degli avvenimenti risulta essere Daisy, la donna amata dal signorotto e sposata, però, con Tom Buchanan. In ultima analisi, il film, seppur sembri essere soltanto un grido alla ricchezza a primo impatto, è da intendere anche come messaggio di sogno e di speranza del ritrovare l’amore perduto, qui inteso come metafora di un benessere interiore.
A proposito della poetica narrativa del film di P. Sorrentino, girato tra Francia e Italia, invece, si potrebbe definire come il racconto della splendida città di Roma, messa in risalto con delle inquadrature ad hoc sul tramonto e sull’orizzonte. Raccontata tra cultura e mondanità dal giornalista affermato Jap Gambardella, interpretato da Toni Servillo, la città è vissuta nelle vicenda in bilico tra sacro e profano, tra menzogna e verità, di cui sono protagonisti Servillo ed una sensuale Sabrina Ferilli dallo sguardo estremamente accattivante, insieme agli altri pionieri della capitale, tra cui Carlo Verdone.
Tra gli altri prodotti della penisola italiana passati in rassegna nei primi tre giorni, La leggenda di Kaspar Hauser di Davide Manuti, lungometraggio in cui si racconta la storia di un principe sopravvissuto che percorre il cammino verso l’affermazione del carattere identitario di Disk Jokey. Forse manifesto di una tendenza giovanile portata verso la musica house e techno, il film va messo in risalto anche per l’attenzione al contorno del carattere femminile della duchessa, interpretata da Claudia Gerini, accanto a quella di Vincent Gallo, nei panni di una delle figure centrali.
Come si può notare, il Flaiano Film Fest dà rilevanza particolare all’Italia, segnalata anche da molti altri prodotti tra cui Educazione Siberiana di Gabriele Salvatores, a sottolineare l’intento celebrativo della nostra penisola, del nostro cinema e dei nostri artisti.